ANNO 14 n° 118
Diario della crisi/6 L'azzeramento impossibile e la Bonaccorsi a sua insaputa
Ora i 7 ribelli sarebbero disposti a trattare, ecco perché non si può
09/01/2016 - 02:01

di Andrea Arena

VITERBO – Azzeramento della giunta, come adesso vorrebbero i sette consiglieri ''ribelli'' del Pd? Non si può. Lo ha fatto capire il segretario regionale del Partito democratico stesso, quel Fabio Melilli che sta conducendo – insieme al dirigente Riccardo Tramontana – il giro di consultazioni preliminare intorno alla crisi del Comune di Viterbo. Non si può, intanto per ragioni di opportunità, perché nella squadra di Michelini non esiste, purtroppo o per fortuna, soltanto la parte democratica, ci sono anche i civici, quei civici decisivi per la vittoria di due anni e mezzo fa e che in questa guerra intestina, c'entrano poco o niente. E poi, naturalmente, l'azzeramento non si può fare anche per motivi d'immagine: di rimpasti ce ne sono stati già tanti, e non c'è alcun bisogno di dare un altro segnale di autoreferenzialità, di cazzeggiamento, alla città.

E allora, come se ne esce? Intanto, dopo le ultime vicende, si può dire che se ne esce. Che una soluzione è nell'aria. E questo, rispetto ad una settimana fa, è già un passo avanti. Il problema resta il metodo. Con i sette ribelli del Pd che si sono scoperti senza coperture nelle alte sfere (da Orfini, che pure qui ha dei fedelissimi, che ammette candidamente di ''non sapere nulla del caso Viterbo'', al silenzio emblematico di Sposetti e Panunzi), i fioroniani sono passati allegramente all'attacco. Prima, ostentando una tranquillità quasi olimpica – segno di avere buone garanzie a livello nazionale, come faceva notare giovedì il Corriere di Viterbo -, e poi facendo sapere che per la prossima settimana è stata convocata la riunione dei capigruppo per decidere le date dei prossimi consigli comunali. E la maggioranza non andrebbe mai in consiglio comunale senza avere la certezza di non rischiare nulla.

Dallo stesso Melilli, poi, è arrivato un segnale importante. Quello di riconoscere alla componente civica della maggioranza tutta la legittimità di un alleato che fu decisivo per conquistare il Comune. Con un suggerimento incorporato: il sindaco, da presidente dei Moderati e riformisti, deve farsi garante di un accordo programmatico di governo di qui alla fine della legislatura. Come dire: un antipasto di formule simili che il Pd potrebbe sviluppare a livello nazionale in occasione delle prossime elezioni amministrative di primavera (si vota a Roma, Napoli, Milano, Bologna) e dopo anche alle future politiche. Insomma, il celebre Partito della nazione invocato da Renzi. Viterbo è un modello di quello schema, lo fu già nel 2013, e non c'è alcuna ragione – tantomeno le paturnie di sette consiglieri – per abortire il progetto in un momento così delicato.

Come poi questa soluzione possa essere applicata a Palazzo dei priori è tutto da vedere. Ma a questo penseranno i politici, romani e viterbesi. In fondo, sono pagati per questo.

Per la cronaca. Dopo Matteo Orfini, presidente nazionale del Pd, anche la presidente regionale del partito, la renziana Lorenza Bonaccorsi (nella foto), ammette candidamente: ''Viterbo? Non so nulla. Sono quindici giorni che non apro un giornale''. Beata lei.





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